Si è costituito a Caltanissetta, su iniziativa di attivisti sindacali di CUB Scuola e COBAS Scuola della Formazione Professionale, il coordinamento delle forze sindacali di base del settore. Il coordinamento di Base vuole essere la casa comune dei lavoratori della Formazione Professionale

· La Formazione è uno strumento sociale di crescita della cultura della professionalità della cittadinanza di tutti, quindi è una cosa PUBBLICA , I finanziamenti sono di origine PUBBLICA, la gestione della Formazione Professionale deve essere coerentemente affidata ad una struttura PUBBLICA. Non generalizziamo il giudizio negativo sugli Enti, sapendo che esistono realtà che hanno e operano correttamente, ma riteniamo necessario fermare le mire speculative che attirano le ingenti somme dei finanziamenti, e dare: stabilità al personale, certezze agli utenti, trasparenza e correttezza di gestione ad un utile strumento di crescita professionale e culturale.

Per fare della Formazione Professionale un BENE COMUNE e non più una CA$$A COMUNE.

lunedì 8 luglio 2013

VERRA IL DI CHE INALZEREMO LE BARRICATE - PALERMO 8 LUGLIO 1960

Per ricordare il luglio 1960 che vide decine di migliaia di operai e contadini scendere in piazza in tutta Italia contro il fascismo e le violenza della polizia. Questa è una piccola informazione "storica" si riferisce alle rivolte operaie del 1960 che non si svolsero solo a Reggio Emilia ma anche a Palermo e in Sicilia.

5 luglio 1960: A Licata (Agrigento) la polizia spara contro i dimostranti in sciopero, Vincenzo Napoli di 25 anni cade ucciso, cinque altri dimostranti restano gravemente feriti dal piombo della polizia
L'8 luglio 1960 a Palermo, il centro è presidiato fin dalle prime ore del mattino dalla Celere per disturbare lo sciopero generale proclamato dalla Cgil per i fatti di Reggio Emilia.Come riportano le cronache del tempo (vedi il giornale L'Ora) il corteo operaio con in prima fila gli operai dei cantieri navali e dell'aeronautica sicula viene scortato a vista da uno schieramento di polizia degno dell'antiterrorismo. Improvvisamente iniziano le cariche. La celere assale brutalmente la folla del corteo con le loro jeep spinte a velocità. I dimostranti si difendono lanciando sassi, bastoni e quant'altro trovano ma, come nell'Intifada palestinese, certamente non hanno armi tipo fucili, pistole o mitragliette. In breve la zona tra piazza Verdi e piazza Politeama si trasforma in un campo di battaglia. Viene eretta una barricata al centro della strada ma a questo punto i celerini cominciano a sparare sulla folla. Il primo a essere colpito è Giuseppe Malleo di 16 anni che viene raggiunto al torace da una pallottola di moschetto e subito dopo Andrea Cangitano di 14 anni, ucciso a colpi di mitra e Francesco Vella operaio di 42 anni. La quarta vittima è Rosa La Barbera una donna di 53 anni raggiunta da uno dei tanti colpi sparati all'impazzata dalla polizia mentre si apprestava a chiudere la finestra di casa. Si contano 51 feriti gravi , 36 persone riportano ferite da arma da fuoco, e centinaia di contusi. 374 dimostranti vengono arrestati e rinchiusi nel carcere dell'Ucciardone. Seguono tre diversi procedimenti penali, il più importante dei quali è quello di Palermo che ha inizio il 16 ottobre 1960. Dopo appena 12 giorni di dibattimento (un processo contro uno pseudo politico in media dura 10-15 anni, giusto il tempo per andare in prescrizione) tutti i 53 imputati vengono condannati a pene che vanno fino a 6 anni e 8 mesi di reclusione. I celerini che hanno sparato e ucciso non solo non vengono incriminati ma non vengono neanche chiamati a deporre in aula come testimoni d'accusa.
A Catania la polizia spara in piazza Stesicoro. Salvatore Novembre di 19 anni, disoccupato, è massacrato a manganellate. Si accascia a terra sanguinante: "mentre egli perde i sensi, un poliziotto gli spara addosso ripetutamente, deliberatamente. Uno due tre colpi fino a massacrarlo, a renderlo irriconoscibile. Poi il poliziotto si mischia agli altri, continua la sua azione". Il corpo martoriato e sanguinante di Salvatore viene trascinato da alcuni agenti fino al centro della piazza affinché sia da ammonimento. Essi impediscono a chiunque, mitra alla mano, di portare soccorso al giovane il quale, a mano a mano che il sangue si riversa sul selciato, lentamente muore. Le autorità imbastiranno successivamente una macabra montatura disponendo una perizia necroscopica al fine di "accertare, ove sia possibile, se il proiettile sia stato esploso dai manifestanti". Altri 25 i feriti, più di cento i denunciati e 44 arresti