Per
ricordare il luglio 1960 che vide decine di migliaia di operai e contadini
scendere in piazza in tutta Italia contro il fascismo e le violenza della
polizia. Questa è una piccola informazione "storica" si riferisce alle rivolte
operaie del 1960 che non si svolsero solo a Reggio Emilia ma anche a Palermo e
in Sicilia.
5 luglio 1960: A Licata
(Agrigento) la polizia spara contro i dimostranti in sciopero, Vincenzo Napoli di 25
anni cade ucciso, cinque altri dimostranti restano gravemente feriti dal
piombo della polizia
L'8 luglio 1960 a Palermo, il
centro è presidiato fin dalle prime ore del mattino dalla Celere per disturbare
lo sciopero generale proclamato dalla Cgil per i fatti di Reggio Emilia.Come
riportano le cronache del tempo (vedi il giornale L'Ora) il corteo operaio con
in prima fila gli operai dei cantieri navali e dell'aeronautica sicula viene
scortato a vista da uno schieramento di polizia degno dell'antiterrorismo.
Improvvisamente iniziano le cariche. La celere assale brutalmente la folla del
corteo con le loro jeep spinte a velocità. I dimostranti si difendono lanciando
sassi, bastoni e quant'altro trovano ma, come nell'Intifada palestinese,
certamente non hanno armi tipo fucili, pistole o mitragliette. In breve la zona
tra piazza Verdi e piazza Politeama si trasforma in un campo di battaglia. Viene
eretta una barricata al centro della strada ma a questo punto i celerini
cominciano a sparare sulla folla. Il primo a essere colpito è Giuseppe Malleo di 16 anni che viene raggiunto al torace da una pallottola di
moschetto e subito dopo Andrea Cangitano di 14 anni,
ucciso a colpi di mitra e Francesco Vella operaio di 42
anni. La quarta vittima è Rosa La Barbera una donna
di 53 anni raggiunta da uno dei tanti colpi sparati all'impazzata dalla
polizia mentre si apprestava a chiudere la finestra di casa. Si contano 51
feriti gravi , 36 persone riportano ferite da arma da fuoco, e centinaia di
contusi. 374 dimostranti vengono arrestati e rinchiusi nel carcere
dell'Ucciardone. Seguono tre diversi procedimenti penali, il più importante dei
quali è quello di Palermo che ha inizio il 16 ottobre 1960. Dopo appena 12
giorni di dibattimento (un processo contro uno pseudo politico in media dura
10-15 anni, giusto il tempo per andare in prescrizione) tutti i 53 imputati
vengono condannati a pene che vanno fino a 6 anni e 8 mesi di reclusione. I
celerini che hanno sparato e ucciso non solo non vengono incriminati ma non
vengono neanche chiamati a deporre in aula come testimoni d'accusa.
A Catania la polizia spara in piazza Stesicoro. Salvatore Novembre di 19 anni, disoccupato, è massacrato a
manganellate. Si accascia a terra sanguinante: "mentre egli perde i sensi, un
poliziotto gli spara addosso ripetutamente, deliberatamente. Uno due tre colpi
fino a massacrarlo, a renderlo irriconoscibile. Poi il poliziotto si mischia
agli altri, continua la sua azione". Il corpo martoriato e sanguinante di
Salvatore viene trascinato da alcuni agenti fino al centro della piazza affinché
sia da ammonimento. Essi impediscono a chiunque, mitra alla mano, di portare
soccorso al giovane il quale, a mano a mano che il sangue si riversa sul
selciato, lentamente muore. Le autorità imbastiranno successivamente una macabra
montatura disponendo una perizia necroscopica al fine di "accertare, ove sia
possibile, se il proiettile sia stato esploso dai manifestanti". Altri 25 i
feriti, più di cento i denunciati e 44 arresti